Nella tarda mattinata del 19 Gennaio 1943, le unità di punta della colonna in ritirata che comprendeva la divisione “Julia”, o quello che rimaneva dopo il mese di fuoco sul quadrilatero di Selenji Jar, “Cuneense” e “Vicenza” entrano in contatto con ingenti unità sovietiche, asserragliate a Nowo Postojalowka, località formata da un piccolo gruppo di isbe situato sulla pista che le divisioni alpine in ritirata dovevano percorrere.

Partono all’attacco prima il Battaglione “Gemona”, appoggiato dall’artiglieria del Gruppo “Conegliano”, poi ie la volta dei  Battaglioni “Tolmezzo” e “Cividale”, ma gli attacchi degli alpini della “Julia” vengono sempre respinti dalle truppe russe, che poi contrattaccano con i carri armati, a cui gli alpini possono opporsi solo con il coraggio.

Qualche ora più tardi arrivano anche i battaglioni del 1° Reggimento Alpini della “Cuneense”, per cui viene deciso di sferrare un nuovo attacco all’ alba.

Di nuovo gli alpini si gettano all’ assalto, con in testa il battaglione “Ceva”,appoggiati dagli obici del Gruppo “Mondovì” di nuovo vengono respinti dai carri armati russi, venendo praticamente annientati. I russi propongono la resa, ma non viene accettata.

Con il sopraggiungere del resto della “Cuneense”, i Generali Ricagno della “Julia” e Battisti della “Cuneense” concordano di procedere a nuovi disperati attacchi per aprirsi una strada.

Gli attacchi si susseguono per tutta la giornata, infrangendosi contro i nidi di mitragliatrice posizionati nel villaggio e le sortite dei T 34 che seminano la morte tra le file italiane.

I Battaglioni alpini “Borgo San Dalmazzo”, “Saluzzo” quando sembrano essere sul punto di trovare un varco tra le linee russe quando vengono duramente colpiti da un violento fuoco di sbarramento e subiscono la sorte dei precedenti battaglioni.

Il Generale Battisti a questo punto può solo che arrendersi alla realtà dei fatti: non si può passare, non si può lottare contro i carri senza armi anti-carro, anzi constata  che rischia di essere accerchiato, percui decide di ripiegare, lasciando il Battaglione Alpini “Mondovì” di copertura sul fianco.

Duramente colpito dai Russi , che si pongono all’ inseguimento anche il “Mondovì” praticamente smette di esistere come unità combattente. Non va meglio al resto della colonna, che subisce le scorrerie sovietiche, che si accaniscono su quello che resta del 2° Reggimento.

Alla fine di 30 ore di combattimenti tra il 19 e il 20 Gennaio si stima che oltre 13.000 alpini sono rimasti sulla neve di Nowo Postolajowka.

Il giorno 21, quel che resta della colonna, raggiunge dopo 20 ore di marcia forzata, il presidio tedesco di Alexandrova, dove può riposare qualche ora senza l’assillo degli attacchi russi.

Il 22 si rimette in marcia, per raggiungere dopo 6 giorni, sotto continui attacchi, Valujki (prima destinazione prevista per uscire dalla sacca), mentre invece il grosso della colonna composta dalla “Tridentina”, qualche reparto scampato della “Julia” che rimasto attardato e ha sbagliato strada, da quel che resta delle armate Ungheresi e dei pochi reparti germanici marcia su Nikolajekwa, più a Nord.

Il 27 le colonne raggiungono i pressi di Valujki, dove sono posizionati numerosi reparti sovietici. Per quel che resta della “Cuneense”, della “Julia” e della “Vicenza” non vi è più speranza di uscire dalla sacca.

E’ l’ alba del 28 Gennaio, gli alpini sono allo stremo. Dopo 200 km percorsi, 20 combattimenti sostenuti, in 12 giorni, con appena il 10% delle fanterie disponibili e il 50% dell’ artiglieria arrivano sulla dorsale tra il fiume Poltawa e Valujiki. Qui vengono accolti dal fuoco dei Sovietici e dalle cariche di cavalleria cosacca. Non si hanno più munizioni, si combatte con sciabole e baionette.

Alle 5,30 del mattino vengono catturati gli ultimi ufficiali rimasti, qualche ora più tardi quel che resta dei battaglioni alpini. La Cuneense cessa di esistere.

Alla fine solo 1600 Alpini della “Cuneense”, che formava il grosso della colonna, riescono a raggiungere in qualche modo le linee amiche, spesso in piccoli drappelli di 3-4 elementi,  che magari vengono lasciati passare verso il loro destino dagli stessi russi, che li considerano inutili.

Tra i caduti e dispersi ci sono circa 1700 alpini Toscani, principalmente della Garfagnana e delle zone Apuane, zone di reclutamento della divisione “Cuneense”.

La divisione contava inizialmente circa 16.000 Alpini.

Fonte: Sito web “alpini-cuneense.it” più vari articoli