Il cappello Alpino non è un semplice cappello: sangue, sudore, sacrifici lo hanno fatto diventare nel tempo un simbolo amato da chi ha avuto il privilegio di indossarlo sotto il servizio militare, rispettato da molti se non da tutti.
E anche questo copricapo ha una sua storia…
…Già dopo pochi mesi dalla costituzione ufficiale delle prime compagnie Alpine (15 Ottobre 1872) l’allora ministro della guerra Francesco Ricotti Magnani prevede un cappello apposito per questo nuovo corpo. Con l’atto 69 del 24 Marzo 1873, stabilisce che venga adottato un cappello rigido di feltro nero, di forma tronco conica “alla calabrese” a falda larga, cinto da una da una fascia di cuoio nero. Il cappello porta frontalmente un fregio composto da una stella a cinque punte, di metallo bianco, con il numero della compagnia (all’ inizio ricordiamo vi erano solo singole compagnie) . Sul lato sinistro, semicoperta dalla fascia di cuoio, vi è una coccarda tricolore nel cui centro è posto un bottoncino bianco con croce scanalata. Un gallone rosso a V rovesciata guarnisce il cappello dallo stesso lato della coccarda e sotto questa viene infilata una penna nera di corvo per la truppa, d’aquila per gli ufficiali (solo molti anni dopo i comandanti di battaglione otterranno di averla bianca).
La scelta di questo cappello però non trova molti estimatori, lo stesso “ideatore” delle truppe Alpine, Perrucchetti , non approva l’uso di questo copricapo ritenendolo poco adatto per lo specifico impiego in montagna che richiederebbe, a suo avviso, uno simile a quello impiegato dai “cacciatori tirolesi” per proteggersi dal freddo.
Ma la “bombetta”, nomignolo con cui è noto, sopravvive per molti anni, nonostante le pressioni di alcuni alti ufficiali che però non vengono recepite nelle successive revisioni del regolamento sulle uniformi.
Nel 1880 viene adottato un nuovo fregio ugualmente di metallo bianco: un aquila “al volo abbassato” sormontante una cornetta contenente il numero di battaglione. La cornetta è posta sopra un trofeo di fucili incrociati con baionetta innestata, una scure e una piccozza. Il tutto circondato da una corona di foglie di alloro e quercia. La testa dell’aquila, coronata, è posta sulla coccarda che ora si trova sul davanti del cappello. Compare la nappina di lana rossa con centro nero sul quale viene ricamato il numero della compagnia. Per gli ufficiali la nappina è di lamierino argento con croce sabauda, inoltre il loro fregio è composto di una corona reale sormontante una cornetta sovrapposta a due fucili incrociati con baionetta, il tutto ricamato in argento.
Successivamente, con la formazione dei reggimenti vengono adottate nappine di colore diverso per identificare i differenti battaglioni che li compongono, bianche per il primo, rosso per il secondo, verde per il terzo, blu per i servizi.
Bisogna aspettare il 1906 perché si inizi a parlare di una “seria” modifica del copricapo alpino, ovvero quando si cominciano a sperimentare nuove uniformi non più variopinte come di tradizione ottocentesca, ma più adatte all’ ambiente operativo.
Si iniziano a provare le uniformi “grigie”, in varie tonalità. Giusto per esempio le tre compagnie del Battaglione Morbegno sperimentano per più di un anno ciascuna tre uniformi diverse, incluso tre diversi copricapi tra cui una versione “morbida” …ma non il sospirato , almeno per il Perrucchetti, “berretto munito di alette da applicarsi a guisa di soggolo. Fra la tormenta, le bufere, il nevischio io ho trovato un gran beneficio, soprattutto nella cattiva stagione a far uso di un tale berretto, mentre è facile con una copertina di tela, foggiata a coprinuca, di ripararsi anche dal sole, senza avere bisogno di due oggetti, cappello e berretto per copricapo…”
Finiti gli esperimenti sulla divisa grigia viene approvato il colore grigio verde, colore che più si adatta al colore del “terreno” italiano dalla Sicilia alle Alpi.
Il 20 maggio 1910, l’Atto n.196 pubblicato sul Giornale Militare a firma del Ministro Spingardi, sancisce l’adozione dell cappello (morbido) in feltro di colore grigio verde.
Il modello della truppa e dei sottufficiali è di feltro di pelo di coniglio, grigioverde, con la calotta ornata da una fascia di cuoio intorno alla base, ha la tesa anteriore abbassata e quella posteriore rialzata. Sul lato sinistro la penna è inserita in una nappina di lana con il colore del battaglione. Il modello degli ufficiali prevede la calotta ornata da una fascia di seta e da un cordoncino di lana attorno alla base mentre la penna è inserita in una nappina di metallo argentato con riportato la croce sabauda e sullo stesso lato i gradi a V rovesciata d’ argento.
Nel 1912 viene adottato il fregio rimasto in uso sino ad oggi: un’ aquila con le ali aperte al di sopra di una cornetta, con il numero del reggimento nel tondino centrale, posta davanti a due fucili incrociati (due cannoni incrociati per gli artiglieri da montagna, e poi in seguito gli altri simboli via via che entreranno a far parte del corpo altre specialità d’arma).
E’ praticamente la versione tutt’ora esistente, con poche differenze sostanziali. E’ il cappello indossato dagli Alpini sui fronti della prima guerra mondiale, sulle montagne greche, nelle steppe russe…come già detto simbolo di sacrifici, anche estremi.
Per chiudere una piccola nota: il Perrucchetti troverà parziale “soddisfazione” postuma, nel secondo dopo guerra, quando per la necessità di adattarsi alle regole NATO, gli Alpini rischieranno di perdere il loro prezioso simbolo. Le truppe Alpine verranno infatti dotate di un berretto con all’ interno una foderina calabile a coprire orecchie e nuca…la “norvegese”, berretto che diverrà dalla metà degli anni ’70 il copricapo da indossare sulla divisa da “combattimento”, relegando il cappello Alpino ad altre mansioni.
Fonte: Vari articoli sul web
bello e interessante
l’ho copiato e inserito nel sito
http://www.casadellalpinomo.it/
citando la fonte a fine articolo
grazie e saluti Alpini a tutti
Grazie, ho aggiunto le fonti anch’io, che sono poi vari articoli presenti nel web
IL CAPPELLO ALPINO…IO C’ERO
Alcuni ricordi dei miei 15 mesi di servizio militare nel Corpo degli Alpini, li dedico a tutti quelli che indossano il Cappello Alpino ma non sono alpini.
Che ne sanno costoro di tutto questo?
Che ne sanno di bolle ai piedi e di calze insanguinate dopo marce infinite con zaini da 30 Kg in spalla sotto il sole che ti cuoce o con la pioggia che ti inzuppa i vestiti?
Che ne sanno del sapore del rancio che il mulo ti ha portato su alla montagna e di come si condivide una razione di viveri con gli altri della tua squadra?
Che ne sanno di guardie notturne al gelo che ti irrigidisce con il tempo che non passa mai?
Che ne sanno di neve che si indurisce fra gli sci e gli scarponi formando un grumo che non si stacca più?
Che ne sanno del sudore che quando ti fermi diventa ghiaccio sulla pelle e tu non hai più una camicia asciutta di ricambio?
Che ne sanno di come è corroborante il grog che il maresciallo ha fatto preparare al campo base per quando arrivi da una marcia massacrante?
Che ne sanno che quando vai a dormire in tenda nel sacco a pelo ci metti anche i vestiti bagnati di pioggia o di sudore, e che se non lo fai il mattino seguente i vestiti sono di ghiaccio e non li indossi più?
Che ne sanno degli ordini che si susseguono durante una manovra a fuoco, del colpo che fa il mortaio, del canto della Maria Grazia (MG – mitragliatrice pesante), di come si lancia una bomba a mano e come devi buttarti giù prima che tocchi terra?
Che ne sanno di come si cerca una granata di mortaio inesplosa fra i rododendri e di come fa l’artificiere per farla esplodere dopo che l’hai trovata dove meno te lo aspetti?
Che ne sanno che hai imparato a rispettare il mulo che fa fatica insieme a te?
Che ne sanno che in marcia quando vedi il mulo che appoggia la testa sullo zaino del suo conducente come se fosse affetto tu sei sicuro che è proprio così?
Che ne sanno che durante quella marcia anche se sei già sfinito di tuo quando serve dai una mano al commilitone che ti sta dietro e a quello che ti sta davanti, e che domano saranno loro a venire in tuo soccorso?
Che ne sanno che durante 15 mesi di questo d di tanto altro ancora tu imprechi mille e mille volte invocando la fine della naia?
Che ne sanno che quando finisce per davvero e ti consegnano il sospirato congedo ti viene un groppo in gola?
Che ne sanno che quel groppo ti rimane per fin che campi e ogni giorno ti ricorda che ne è valsa la pena?
Che ne sanno che questo groppo ti fa ricordare i tuoi commilitoni, quelli che sono già andati avanti e quelli che non hai più rivisto?
Che ne sanno che il Cappello che ti sei guadagnato in 15 mesi di dura naia e che indossi quando sei con gli Alpini come te ti fa ritornare a quel tempo e ti fa star bene?
Che ne sanno che quando indossi il Cappello Alpino prima di tutto ricordi ed onori i Caduti Alpini di tutte le guerre?
Che ne sanno di tutto questo quelli che si mettono sulla testa un Cappello Alpino e non sono alpini?
Che ne sanno che il Cappello che io indosso è il mio Cappello Alpino mentre per loro, quando ne indossano uno, è solo un copricapo come un altro?
Ma almeno lo sanno che io con il mio Cappello Alpino in testa posso sempre dire “io c’ero” mentre loro possono solo fingere? Almeno questo lo sanno?
(Sono io, Mauro Perfetti, l’autore di questa disanima. Permetto che le mie parole siano riportate e citate se con lo scopo di ridare al Cappello Alpino la dignità che in parte ha perduto a seguito di tanti abusi, usi impropri e banalizzazioni. Il Cappello Alpino non è orpello per farse e esibizioni, neanche dovrebbe essere usato da non Alpini come abito di scena in discutibili rappresentazioni, in gruppi musicali di vario genere e da figuranti improvvisati. Il Cappello Alpino è ed è solo degli Alpini).
Ciao Mauro, mi aspettavo la tua puntualizzazione sull’ intrinseco significato del Cappello per chi ha avuto il privilegio di aver prestato servizio negli Alpini. Un Saluto e un grazie, Daniele Tigli
Condivido in pieno il tuo scritto. Aggiungo che alla SMA nel 1965 il berretto col paraorecchie lo chiamavamo il ” cappello da stupido”
Avete detto tutto, o quasi, voi condivisibile da tutti i veri Alpini. Io sono ancora incazzato perché fra quelli che si sono congedati il giorno prima di me qualche balordo mi rubò il mio di Cappello e ancora oggi non riesco proprio a perdonare era il 27 agosto io congedato il 28 del 1967 (ieri) MaiTardi al 5°