Mentre la colonna principale in un ultimo disperato assalto guidato dalla “Tridentina” nel tardo pomeriggio del 26 riesce a sfondare a Nikolajewka (1) e aprirsi la strada verso la salvezza, le altre colonne con quel che rimane delle “Julia”, della “Cuneense” e della “Vicenza” vanno verso il loro tragico epilogo a Valujki.(2)

26 – 28 Gennaio 1943: Valujki

Divisione “Vicenza” (con il “Pieve di Teco”)

La 156a Divisione “Vicenza”, è un unità creata appositamente nel Marzo ‘42 per compiti di presidio ovvero con lo scopo di mantenere l’ordine nelle zone occupate. Inviata in Russia nel Luglio dello stesso anno, senza il Reggimento di Artiglieria (che peraltro non aveva cannoni ma mortai da 81), viene dislocata nella zona di Rossoš, prima di passare i primi di Dicembre in organico al C.A. Alpino. Pochi giorni dopo viene nominato comandante il Gen. Pascolini, partito volontario per la Russia e assegnato anche lui inizialmente a compiti secondari di retrovia.

Dopo il collasso degli altri C.A sul medio Don a metà Dicembre, la “Vicenza”, che dispone di due Reggimenti, il 277° e il 278°, viene dislocata in prima linea al posto della “Julia”, inviata a tamponare la falla che si è aperta a sud dello schieramento alpino. Si ritrova quindi a svolgere compiti per cui non era stata addestrata.

Per aumentarne le capacità difensive di prima linea, il Gen. Nasci gli ha aggregato momentaneamente dalla “Tridentina” il “Morbegno” e il “Vestone” nel settore a nord, mentre a sud ha preso dalla “Cuneense”, il Battaglione “Pieve di Teco “. Per ovviare alla mancanza di artiglierie vi ha dirottato i 2 gruppi del Reggimento Artiglieria a Cavallo(“Voloire”), unità che è stata aggregata al C.A. Alpino a Novembre. Viene pure costituito il Gruppo Artiglieria “Villanuova” prelevando un pezzo da ciascuna delle batterie del “Mondovì” e a cui durante la ritirata si aggiungerà un pezzo della 14° Batteria del “Conegliano” rimasto isolato.

Al momento di lasciare i capisaldi sul Don, ritorna alla “Tridentina” i reparti assegnati in precedenza, gli rimane il “Pieve di Teco”, la Batteria “Villanuova” e l’artiglieria a cavallo. La “Vicenza” riesce a disimpegnarsi su due colonne (una a nord si raggruppa a Podgornoe, l’altra a Popowka) con un certo ordine, malgrado sia piuttosto sparpagliata nell’intera area di sua competenza. Alcuni suoi reparti hanno già subito gravi perdite. Il 1° Battaglione del 277° era di guardia all’aeroporto di Rossoš e ha perso molti uomini e materiale il giorno della prima puntata dei sovietici del 15 Gennaio; il 3° Battaglione sempre del 277°, lasciato a Popovka per proteggere l’organizzazione e il flusso delle varie colonne delle divisioni “Julia” e “Cuneense”, si è fatto sorprendere il 19 da un’unità di siberiani ed è stato praticamente annientato.

Riunite le due colonne i problemi iniziano a farsi più seri quando inizia la vera “avanzata all’indietro”, non riesce a stare in contatto con la “Tridentina” di cui dovrebbe esserne la retroguardia secondo gli ordini di Nasci. Vuoi perchè sottoposta a continui attacchi da parte delle avanguardie russe, vuoi anche per difficoltà logistiche. A differenza delle unità alpine ha un numero esiguo di quadrupedi e di slitte. Nel già “appiedato” Corpo d’Armata Alpino c’è chi è più “appiedato” di altri. Da quel momento inizia una lenta rincorsa per riagganciarsi alla “Tridentina” di cui però nel frattempo non ha più notizie.

Il 23 viene coinvolta in furiosi combattimenti prima nella zona di Seljakino, dove deve riaprirsi la strada nuovamente sbarrata da contingenti russi dopo il passaggio della “Tridentina” e poi poche ore dopo nella piana a sud di Warwarowka . Le perdite umane sono pesantissime e con loro la quasi totalità dei pezzi di artiglieria (3).

La Divisione si muove con il “Pieve di Teco” in avanguardia verso Ovest. Procede a rilento nella neve alta. Alle ore 4 del 24 la colonna si ferma. Il movimento è ripreso alle 5 in mezzo all’infuriare di una bufera di neve fino alle 12 quando sosta in un villaggio. Gli artiglieri della batteria “Villanova” per mancanza di munizioni, finiti nell’ennesimo breve scontro, abbandonano gli ultimi pezzi rimasti dopo averli resi inutilizzabili.

Il mattino del 25 si riprende la marcia direzione Sud verso Bolschije Lipjagj.

Dopo un’ora di marcia la testa della colonna viene attaccata da forze russe asserragliate in un abitato . Tocca nuovamente agli alpini del “Pieve di Teco” far sloggiare i russi. Vengono liberati un centinaio di Genieri Alpini del XXX° Battaglioni Guastatori caduti prigionieri il giorno precedente.

A sera inoltrata la colonna raggiunge Bolschije Lipjagj dove sosta. Alle prime ore del 26 si rimette in marcia verso Valujki.

Nel primo pomeriggio il sempre più sfinito e assottigliato “Pieve di Teco”, sempre in avanguardia è ormai in vista dell’agognata meta. Viena scorta una massa di truppe, per un attimo si pensa che siano le retrovie della colonna principale. L’illusione dura solo un attimo, sono russi che stanno avanzando verso di loro. Squadroni di cavalleria Cosacca iniziano a colpire la coda e i fianchi della colonna. Il violentissimo scontro dura qualche ora. Vengono sparati gli ultimi colpi di mortaio, l’ultimo 47/32 viene reso inservibile. Il cerchio si stringe, inutili gli ultimi disperati tentativi di resistenza da parte degli alpini del “Pieve di Teco” e dei fanti del 277° e del 278°. Alle 15 viene intimata la resa, se non sono i russi sarà la notte ormai incombente ad assiderare i sopravvissuti all’aperto. Pascolini non ha alternative, può solo accettarla.

Divisioni “Cuneense” e “Julia”

Avevamo lasciato le colonna di quel che rimane della “Cuneense”  ferma la notte tra il 21 e il 22 a Nowo Charkovka.  Dopo il disastro di Nowo Postojalowka, i Battaglioni e i Gruppi di Artiglieria sono ormai ridottissimi nei ranghi, la loro forza in qualche caso non raggiungerebbe neanche l’organico di una singola compagnia. Quello che mantiene ancora una relativa integrità è il “Dronero”, che per questo viene messo in avanguardia quando alle 6 del 22 la “Cuneense” riparte in direzione Ovest verso Nowo Dimitrowka, raggiunta nella serata. il Battaglione “Dronero” sgombra il paese dalla presenza delle unità russe: altre perdite.

Qui il Gen. Battisti chiama a raccolta i comandanti della suoi reparti. E’ un uomo provato, angosciato, in cuor suo dubita fortemente di riuscire a ricongiungersi con la colonna principale, con la “Tridentina”, di cui non ha più notizie da giorni. Propone due opzioni ai suoi subalterni: dividersi in tanti piccoli gruppi per cercare di infiltrarsi tra le maglie sovietiche o procedere uniti. La risposta è unanime: si va tutti insieme.

La mattina (23 Gennaio) la “Cuneense” si rimette in cammino divisa su due scaglioni, distanziati di pochissimi km, in parallelo, direzione Nord Ovest per evitare l’area Seljakino – Warwarowka, da dove hanno avvertito gli echi dei furiosi scontri che hanno convolto il “Morbegno”(4) durante la notte e in seguito la Divisione “Vicenza” sopraggiunta nel frattempo.

Durante il tragitto raccolgono la colonna con il comando Divisionale della Julia con il Gen. Ricagno che è riuscito a sfuggire per un pelo alla cattura a Seljakino mentre si accendeva lo scontro tra i russi e la “Vicenza”. Anche lui vive un particolare stato d’animo. Non ha più notizie dei suoi reparti, dei suoi Reggimenti. Sa o comunque s’immagina, che siano stati coinvolti in combattimenti. Non sa che sono stati annientati e spera ogni ora di vederli apparire, di ricongiungersi con loro.

Malgrado siano in pieno territorio controllato dal XV Corpo Corazzato (impegnato nel frattempo ad infierire sulla “Vicenza” nella piana sotto Warwarowka) il pomeriggio le due colonne sono nei pressi di Kowalew (paesino omonimo di quello in cui sosta la “Tridentina” nelle stesse ore) e alle 21 si rimettono in marcia per arrivare alle prime luci dell’alba del 24 una, quella con Battisti, a Rybalzin una a Garbusovo. Qui il Col. Manfredi, a capo della seconda colonna con i resti del 1°Reggimento sta per ripartire dopo appena un’ora di sosta quando è oggetto del violento fuoco di alcune batterie sovietiche a cui fa seguito un altrettanto violento attacco portato da fanterie e carri. Riesce a sganciarsi, con fortissime perdite, e raggiungere verso mezzogiorno l’altra colonna a Rybalzin, sotto la tormenta che si abbatte quel giorno su tutta l’area.

Il 25 mattina, con le condizioni meteo sono migliorate la colonna unita si rimette in marcia verso Sud. Arrivati in prossimità di Shukowo viene fatta segno ad un nutrito fuoco di cannoni ,mortai , mitragliatrici e fucileria. Ancora una volta il “Dronero” con l’appoggio dei 150 superstiti del “Mondovi” e di un reparto raccogliticcio costituito da alpini e artiglieri si incarica di aprire il passaggio. Altre perdite. I già assottigliati ranghi si riducono ancor di più.

La sera arrivano a Malakejwka, attraversata il giorno prima dalla “Tridentina” che però si sta dirigendo verso Nord-Ovest (5), in senso quasi opposto alla Cuneense. Altro durissimo scontro per liberarla.

La Divisione si ridivide in due tronconi secondo lo schema adottato sin da i primi giorni della ritirata. Una davanti, con i comandi divisionali, l’altra dietro, con Manfredi, distanziata di qualche km. E con questo schieramento che all’alba del 26 si rimettono in cammino. Nel pomeriggio le due colonne sono quasi di nuovo unite, da ore sentono in lontananza il fragore della battaglia che si sta svolgendo a Nikolajewka. Chissà se Battisti e Ricagno, udendolo non si chiedono quale reparto sia impegnato così a Nord rispetto alla destinazione di Valujki, così fuori rotta dalla destinazione finale.

A sera, mentre si avvicinano a Voronowka vengono investiti dal fuoco proveniente dal paese . Si decide di aggirala. Valujki ormai è vicina.

Il 27 mattina il “Dronero” riesce a respingere un attacco portato da uno squadrone a cavallo di Cosacchi, appoggiati da artigliere su slitta, ma è l’ultimo sussulto del Battaglione ormai ridotto allo stremo, sfinito, esaurito. Guidati da un ufficiale tedesco comparso dal nulla (probabilmente uno dei tanti falsi ufficiali “spia” a cui hanno spesso fatto i ricorso i russi per depistare le colonne) si dirigono a nord , verso il villaggio di Mondrova. Chi non trova posto nelle isbe si mette all’esterno vicino ai covoni. Qui vengono circondati e poi rastrellati dai partigiani che controllano la zona. Qui finisce la loro corsa verso la salvezza.

Il troncone principale con Battisti e Ricagno, perso contatto con il “Dronero”, ha incontrato alcuni sbandati della “Vicenza”. I due Generali vengono quindi a sapere che Valujki è saldamente in mano dell’ Armata Rossa e della fine del “Vicenza” e del “Pieve di Teco” il giorno prima. Decidono per un estremo tentativo, attraversare la linea ferroviaria a Roshdestweno, leggermente a Nord di Valujki. Alla testa i 150 superstiti del “Saluzzo” ma appena in prossimità del paese sono fermati dall’ennesimo violento fuoco di sbarramento. Ricompare la cavalleria Cosacca, padrona incontrastata dei pianori davanti Valujki. Non c’è più niente da fare. Si tenta una disperata difesa, ma le munizioni scarseggiano. La colonna si disperde in tanti gruppetti per tentare di filtrare, isolati, tra le difese russe. Anche Ricagno e Battisti con i rispettivi comandi si separano, ma nessuno passa. Battisti e Ricagno (6) sono fatti prigionieri.

Intanto il secondo troncone, guidato dal Col. Manfredi, con quel poco che rimane del 1° e dei Gruppi Artiglieria “Val Po” e “Mondovì” procede qualche km indietro. Venuto a conoscenza della sorte del troncone principale, opta per aggirare Valujki ancora più a sud. Giunti però nei pressi di un non precisato paese vengono attaccati.

Continuano ad avanzare verso sud. Alle 4 del 28 la testa della colonna raggiunge il terrapieno della ferrovia, sembra non presidiato, gli esploratori mandati avanti non scorgono nessuno…La colonna attraversa cautamente, appena giunti nella piana dall’altro lato, in campo aperto, vengono investiti da un uragano di fuoco incrociato dei russi. Durante lo scontro cade il Col. Manfredi. Chi sopravvive alza le mani.

Oramai rimangono solo i resti del “Mondovi” che è rimasto al di là della ferrovia, in retroguardia, più indietro, distanziati ci sono i sopravvissuti del “Ceva”. E’ il pomeriggio del 28 Gennaio. Davanti allo sparuto gruppo del “Mondovì” si profila una massa scura. Sono l’ennesimo squadrone a cavallo Cosacco, appoggiati da cannoni e dalle micidiali mitragliatrici su slitte. Tre ufficiali si avvicinano con la bandiera bianca, uno di loro è un ufficiale italiano, gli comunica il destino della prima colonna il giorno prima, propongono la resa. Viene rifiutata. I ragazzi del “Mondovì” si dispongono alla difesa nella speranza di potersi defilare approfittando della notte che sta calando. I russi rovesciano sui malcapitati una valanga di fuoco, la resa è l’unica alternativa al completo annientamento.

Rimangono i superstiti del “Ceva”, vagheranno ancora per 2 giorni per quelle steppe cercando inutilmente un varco per sfuggire al rastrellamento . Alla fine stremati, senza cibo, munizioni si arrendono. Sono gli ultimi della “Cuneense”.

Per loro inizia la marcia del “Davaj ! Davaj !”(7)

Note:

  1. Fortunatamente, come ammesso anche da alcuni ufficiali della Divisione, dopo Nilolajevka non incontrerà più forti opposizioni russe che sarebbero stati fatali dato le perdite subite e l’esaurimento delle munizioni. Piccole unità di regolari russi e di partigiani si limitano a sanguinose incursioni alle colonne di sbandati che la seguono. Tuttavia sarà costretta ad ulteriore cambiamento di rotta per non scontrarsi con la  40° Armata che sta avanzando verso ovest in direzione di Kastornoe.
  2. Valujki, importante snodo ferroviario già in mano russa dal 19 Gennaio.
  3. Dopo aver sparato l’ultimo proiettile disponibile , la bandiera del Reggimento Artiglieria a Cavallo viene gettata sui resti di un T34 in fiamme per impedirne la cattura.
  4. Battaglione “Morbegno”, 5° Reggimento Alpini. Costituisce la retroguardia della “Tridentina”. Intralciato dai partigiani russi ma soprattutto dalla massa di sbandati, il Battaglione invece di seguire la colonna principale a Seljakino, devia verso ovest per Warwarowka cadendo nelle fauci del XV Corpo Corazzato che staziona in zona. Pochi saranno gli alpini che sfuggono dal massacro e raggiungeranno il 25 il resto della Divisione.
  5. La “Tridentina” sta muovendosi verso Nikolajewka, deviando quindi dal percorso verso Valujki.
  6. Rientreranno in Italia, insieme al Gen. Pascolini nel Maggio del 1950.
  7. Traduzione “Avanti,avanti”: l’ordine delle guardie poste a controllo delle lunghe code di prigionieri.