Dal Libro del Centenario della Sezione (2021)

GRUPPO ALPINI SIENA

La storia del gruppo di alpini di Siena ha radici lontane, venne fondato il 4 novembre 1923 e, inizialmente, fu denominato “Squadra delle fiamme verdi”, dato il numero esiguo dei soci, o “Squadra alpina senese”, ma più comunemente “Squadra degli scarponi senese”. Dipendeva dalla sezione toscana, fondata a Firenze il 20 luglio 1921, divenuta dal novembre 1931 sezione di Firenze. Il gruppo di Siena, inoltre, può ritenersi il primo sorto all’interno della sezione fiorentina in quanto quello di Cortona, sorto nel giugno del 1921, dopo la sua fondazione rimase per alcuni anni alle dipendenze della sede nazionale di Milano.

Il Maggiore Martini (a Sinistra) e il Capitano, poi Maggiore, Zardo (a Destra)

I fondatori furono, all’inizio, quattro ufficiali: il colonnello Ettore Martini (medaglia d’argento al valor militare, Cengia Martini-Piccolo Laguoi 22 maggio 1917), il maggiore medico Luigi Bellucci (croce di guerra ed encomio), il capitano Luigi Zardo e padre Luigi Sbaragli (medaglia d’argento, Monte Ortigara 10-13 giugno 1917). Durante il primo conflitto mondiale, i primi tre militarono nel Battaglione “Val Chisone” mentre il quarto quale cappellano nel Battaglione “Sette Comuni”. Oltre ai quattro sopracitati, tra i soci
fondatori ci furono: i tenenti colonnello Benedetto Barni, Ambrogio Ginanneschi, il capitano Luciano Luciani, il tenente Armando Vannini, il volontario di guerra Dante Bianciardi (che si arruolò all’età di 63 anni).

Scomparsi alcuni dei fondatori, tra il 1951 e il 1952 la guida del gruppo venne presa dal dottor Benedetto Barni e dal dottor Ambrogio Ginanneschi. L’attività riprese molto lentamente, anche per il momento difficile che attraversava il Paese. Nel 1957 un certo numero di soci partecipò al raduno nazionale di Firenze e sulla scia di questo avvenimento si ebbero nuove iscrizioni.

Nel 1962, con una suggestiva cerimonia in Cattedrale, il gruppo tornò ad essere una realtà consolidata e ai soci fondatori superstiti (Barni, Ginanneschi, Carli, Garosi e Vannini) se ne aggiunsero dei nuovi fra cui monsignor Castellano, arcivescovo di Siena, Giovanni Ginanneschi e Zelio Panteri. Fino al 1967 l’attività del gruppo fu intensa; un certo numero di alpini partecipava ai raduni nazionali ed il nostro gagliardetto, dono della sezione di Firenze, era sempre presente. Inoltre ogni anno, nel mese di gennaio, nella ricorrenza della battaglia di Nikolajewka nel santuario cateriniano veniva officiata una messa in suffragio dei caduti in
Russia, alla presenza di tutte le autorità cittadine, di un picchetto armato dell’87° reggimento di fanteria “Venezia” e degli alunni di tutte le scuole.

Scomparso nel 1970 Benedetto Barni, le redini del gruppo passarono ad Ambrogio Ginanneschi che lo guidò fino alla fine del 1973 e successivamente, fino a tutto il 1985, all’autiere Mario Mugnaini. In questi anni, grazie anche alla passione di Umberto Vivi, presidente della locale sezione del Club alpino italiano (CAI), e alla collaborazione di alpini quali Lamberto Bartalini e Jader Foderi, il numero dei soci aumentò sensibilmente fino a raggiungere le sessanta unità nel 1983. Fra le molte attività, da ricordare un raduno
interregionale organizzato nella nostra città il 5 e il 6 ottobre 1981 per celebrare nel migliore dei modi il 60° anniversario della fondazione della sezione che portò a Siena migliaia di alpini giunti da tutte la parti d’Italia in uno splendido clima di fratellanza e amicizia.

La passione per la montagna avvicinò al gruppo anche persone che non hanno servito con il cappello alpino in testa come Fabrizio Bocci, nostro segretario, impagabile nella fase organizzativa di tutte le nostre attività.

Intanto nel gennaio 1984, anche se l’inaugurazione ufficiale avvenne il 16 febbraio dell’anno successivo, grazie al comandante del presidio colonnello Umberto Granati, il nostro gruppo ottenne in affitto alcuni locali di una vecchia caserma nei pressi di porta Pispini. Una data scolpita nella volta di una delle stanze, 1529, testimonia forse all’anno di costruzione stuzzicando la nostra immaginazione.

Con il trascorrere del tempo, grazie a varie donazioni dei soci del CAI, la nostra sede si è trasformata in un piccolo museo denso di ricordi struggenti ed appassionanti, capaci di tramandare nel tempo gesti eroici e valori quali il senso della Patria, l’appartenenza ad un corpo, la prima esperienza di vita rappresentata dal servizio di leva obbligatorio, che oggi stanno lentamente e inesorabilmente scomparendo. Così nelle nostre stanze oggi è possibile ammirare fascinosi oggetti del passato, alcuni dei quali testimoniano momenti drammatici della Grande Guerra che hanno messo a durissima prova uomini come noi che, spinti soltanto dall’amor di Patria e dal senso di onore, sono stati coinvolti in una terribile tragedia.

Accanto a suggestive foto di vari personaggi e tanti piccoli utensili, alcuni fondamentali compagni della massacrante vita di trincea, possiamo ammirare divise, come quella del Maggiore Medico Luigi Bellucci, scarponi con suola in legno, usati dalle vedette durante i turni di guardia a temperature che, alcune volte, raggiungevano diversi gradi sotto lo zero e che venivano riempiti di paglia per isolare il piede dal freddo e dalla neve, ramponi da ghiaccio per arrampicarsi sulle ripide coste montagnose e, pezzo molto importante, una cesoia usata per tagliare il filo spinato che costeggiava le trincee. E ancora zaini e gavette (una marrone appartenente alla Grande Guerra), tute, sci e utensili vari. Molto suggestivo un basto, specie di sella che veniva messa sulla groppa del mulo (animale idoneo a percorrere gli stretti sentieri di montagna a strapiombo perché più resistente e, a differenza del cavallo, con un maggiore senso dell’equilibrio), in questo caso adattato per il trasporto dell’obice.
Fra i pezzi più importanti e suggestivi una splendida baionetta modificata a Crocifisso, appartenente a un cappellano militare, usato durante la Grande Guerra per le funzioni religiose che, in alcuni casi, venivano effettuate all’interno delle trincee stesse.

Molti degli uomini che hanno dato vita a questa nostra avventura purtroppo non ci sono più (“sono andati avanti” è il termine che noi alpini usiamo quando li ricordiamo), compresi i precedenti capogruppo Amerigo Elio Castignoni e Luigino Casagrande, ma la nostra passione e l’apprezzamento di valori che consideriamo fondamentali non si sono affievoliti. Perciò, se vi capitasse di passare davanti la nostra sede, proprio dentro porta Pispini, e trovaste la porta senza il lucchetto alla serratura, fermatevi e venite a trovarci. La nostra storia è lì e con un sorriso sulle labbra vi parleremo di noi.

Evviva Siena, evviva gli Alpini.
Francesco Pianigiani, capogruppo Alpini di Siena