Dal n°1/2020 de “La nostra Penna” l’articolo di Renato Fuccini, Alpino fiorentino in quel di Canazei…
Venendo a parlare della nascita del corpo degli Alpini comincio dal Gen. Giuseppe PERRUCCHETTI, il padre degli Alpini che non fu mai un Alpino, pero’ per i suoi tempi era un uomo di larghe vedute, perché capì che per difendere i confini in alta montagna c’era bisogno di persone pratiche dell’ambiente; uomini nati lì temprati dalle fatiche e dal clima.
Quando ideò di creare il corpo si mise in forte contrasto con il Governo e con l’intero Stato Maggiore, arrivando quasi a considerarlo uno stupido. Ovvio che, come tutte le cose buone il Governo rischi di farsele scappare; ma non fu così con Perrucchetti e pertanto il 15 ottobre 1872 gli Alpini nascono quasi di nascosto, di straforo, come distrettuali, furieri, passacarte oppure addetti al minuto mantenimento.
Alla divisa neanche pensarci, quella azzurrina della fanteria può bastare per questi “cacciatori delle Alpi” o “bersaglieri delle Alpi”…. all’inizio non sapevano neanche come chiamarli, infine li battezzarono Alpini solo perché sembrava un nome buffo. Però venne loro concessa la penna di corvo, nera, dritta sul cappello a cono da calabrese; la concessione è dello Stato Maggiore, ma soltanto per distinguerli. Attesero più di un mese per averla e come dice un motto alpino fin da sempre “bisogna arrangiarsi” e gli Alpini lo fecero e come se lo fecero, senza di loro oggi avremmo parlato tutti “sprechensidoicce”.
Così, e come sempre in seguito, gli Alpini si arrangiarono. Dovevano portare in spalla una zaino enorme ad armadio, nel quale doveva starci tutto, anche la paglia per dormire e la legna per cucinare. Ma diventarono dei soldati formidabili, perfino il Kaiser li ammirava; il Generale ale PELLOUX, primo Ispettore del Corpo, inventa il famoso motto degli Alpini “ di qui non si passa.”
Una cosa curiosa era che “dovevano portare i baffi”; inoltre radio naja riportava che normalmente tutto andava storto e l’unica cosa che avrebbe dovuto essere storta, per regolamento “doveva essere diritta”, nella fattispecie la penna di corvo piantata in verticale su quel cappello nero da bandito calabrese.
Ma i “bocia” la tenevano dritta fino al giorno del giuramento, poi la piegavano un po’ all’indietro e i “veci” infine la portavano storta come meglio credevano.
Il regolamento di disciplina militare, andato in vigore nel gennaio del 1873, ne aveva parecchie di stranezze; per esempio proibiva l’uso delle “fedine”, o basette, che allora erano molto di moda. Pare che uno zelante ufficiale di Stato Maggiore le avesse proibite perché ricordavano l’esercito Austroungarico; a suo modo era un patriota.
C’era invece “ l’obbligo di portare i baffi”; “i militari devono lasciarsi crescere i baffi e possono portare anche il pizzo”.
A tal proposito il Generale Emilio FALDELLA, nella “Storia delle truppe alpine” annota: In proposito se ne deduce che i primi Alpini portavano i baffi e forse qualcuno, fin d’allora, vantandosi di quel virile ornamento, ha citato la massima cinese per cui un uomo senza baffi è come una donna con i baffi.
Sempre in tema di ”onor del mento” la consuetudine voleva che gli zappatori alpini portassero la barba; tra le righe della storia/ leggenda, qualcuno pare aver letto che qualche Comandante di compagnia tenesse in serbo , per le grandi occasioni, una piccola scorta di barbe finte da applicare a quegli zappatori che ne fossero scarsamente dotati.
I corpi di tutto il mondo hanno senz’altro tipi ameni e macchiette, ma penso che in tema noi Alpini li abbiamo di gran lunga sempre battuti tutti.
Parlerò adesso del “famoso salto del Ten. CORNARO” fatta in un’epoca e con un equipaggiamento che non consentiva grandi libertà di movimento, ma nel vocabolario degli Alpini manca la parola “ impossibile, “ed è per questo che il suddetto ufficiale, appartenente al 2° Reg.to Alpini nel 1896 fece il salto che lo proiettò nella leggenda.
Il Tenente durante un’esercitazione era arrivato sulla linea di confine con la Francia; al di là c’era un gruppo di ufficiali degli “chasseurs” impegnati con il rancio e, stappando una bottiglia di Champagne, con sottile spirito canzonatorio, lo incitarono a raggiungerli e brindare con loro; a questo punto va però precisato che le due posizioni erano separate da un profondo burrone largo circa 5 metri. Il ten. Cornaro, in tenuta di marcia con zaino affardellato, prese una decisa rincorsa, saltò il burrone e si presentò allo stupefatto gruppo francese per partecipare al brindisi. Vuotato il calice il Tenente sbattè i tacchi e, fatto il regolamentare saluto militare, riprese la rincorsa e con un altro balzo prodigioso rientrò in Italia.
Da ricordare che nello stesso 1896, alle Olimpiadi di Atene, la gara di salto in lungo fu vinta dall’ americano CLARK con m. 6,35, senza però l’equipaggiamento militare.
AUTORE : Alpino Renato Fuccini
Per l’ articolo completo, con la prefazione di Piero Ferrari: Notizie dal nostro inviato a Canazei