Su le nude rocce, sui perenni ghiacciai,
su ogni balza delle Alpi ove la provvidenza
ci ha posto a baluardo fedele delle nostre
contrade, noi, purificati dal dovere
pericolosamente compiuto,
eleviamo l’animo a Te, o Signore, che proteggi
le nostre mamme, le nostre spose,
i nostri figli e fratelli lontani, e
ci aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri avi.
Dio onnipotente, che governi tutti gli elementi,
salva noi, armati come siamo di fede e di amore.
Salvaci dal gelo implacabile, dai vortici della
tormenta, dall’impeto della valanga,
fa che il nostro piede posi sicuro
sulle creste vertiginose, su le diritte pareti,
oltre i crepacci insidiosi,
rendi forti le nostre armi contro chiunque
minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera,
la nostra millenaria civiltà cristiana.
E Tu, Madre di Dio, candida più della neve,
Tu che hai conosciuto e raccolto
ogni sofferenza e ogni sacrificio
di tutti gli Alpini caduti,
tu che conosci e raccogli ogni anelito
e ogni speranza
di tutti gli Alpini vivi ed in armi.
Tu benedici e sorridi ai nostri Battaglioni
e ai nostri Gruppi.
Così sia.

LA STORIA DELLA PREGHIERA
 
Nel 1967, a seguito di una ricerca effettuata dallo scrittore Luciano Viazzi nell’archivio di famiglia del colonnello Gennaro Sora, il leggendario alpino che partecipò alla spedizione al Polo Nord al seguito del generale Nobile, è risultato che in una lettera scritta a sua madre il 4 luglio 1935 da Malga Pader in Val Venosta, aveva unito alla stessa “una copia della mia preghiera per te, Sandra e il curato di San Michele”. La preghiera (che si riporta di seguito) era scritta di suo pugno su uno sgualcito foglio di carta a quadretti.
“Preghiera dell’alpino dell’Edolo”. “Fra pascoli e pinete sulla nuda roccia, sui ghiacciai perenni della grande cerchia delle Alpi, che la bontà Divina ci ha dato per culla e cresta e baluardo sicuro delle nostre contrade; nella torrida estate come nel gelido inverno, l’anima nostra, purificata dal dovere pericolosamente compiuto, è rivolta a Te, o Signore, che proteggi le nostre madri, le nostre spose, i nostri figli lontani e aiuti ad essere degni delle glorie dei nostri Avi. Salvaci, o Signore, dalla furia della tormenta, dall’impeto della valanga e fa che il nostro piede passi sicuro sulle creste vertiginose, sulle diritte pareti, sui crepacci insidiosi. Fa che le nostre armi siano infallibili contro chiunque osi offendere la nostra Patria, i nostri diritti, la nostra gloriosa bandiera. Proteggi, Signore, l’amato Sovrano, il nostro Duce, concedi sempre alle nostre armi il giusto premio della Vittoria”.
La preghiera, scritta dal Maggiore Sora, allora comandante del battaglione Edolo, piacque e fu subito adottata da altri reparti alpini, subendo nel tempo alcune trasformazioni nel testo, giustificate dai nuovi eventi storici. Infatti, l’11 ottobre 1949, il Cappellano Militare del 4° Reggimento Alpini di stanza a Torino, Don Pietro Solero, dopo un incontro con l’Ordinario Militare, Mons. Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone, in occasione del Trofeo della Montagna tenutosi ad Aosta, così scriveva: ”Come Sua Eccellenza ben sa, nelle truppe e nei reparti alpini, usavasi anticamente ed ancora si usa in particolari circostanze recitare a fine Messa, la preghiera dell’Alpino. Chi sia l’autore di tale preghiera non mi è stato possibile sapere con sicurezza”.
Don Pietro Solero allegava alla lettera il testo scritto dal Maggiore Sora da cui erano già stati tolti i riferimenti al re ed al duce. Lo scopo della lettera era però un altro, dato che il cappellano chiedeva due cose: che “Vostra Eccellenza Reverendissima ritoccasse e rimodernasse tale preghiera con un riferimento particolare alla Madonna degli Alpini, e ci concedesse nello stesso tempo la facoltà di recitarla in speciali circostanze dopo la S. Messa, in sostituzione della Preghiera del Soldato”. Solo dieci giorni dopo, il Vicario Generale Mons. Giuseppe Trossi con Prot. N. 8534 del 21 ottobre 1949 comunicò ai Comandanti di tutti i Reparti Alpini e al cappellano di Torino il nuovo testo della preghiera con aggiunto il riferimento richiesto alla Madonna degli Alpini.
La circolare emanata precisava che questa nuova preghiera, autorizzata dall’Ordinariato Militare, dovesse essere recitata “ … al termine della S. Messa, nei giorni di domenica e di precetto e invece della “Preghiera del Soldato”, quando le truppe alpine si trovavano adunate per istruzioni o esercitazioni di montagna”. Questa preghiera è la stessa che si recita ancor oggi nell’Associazione Nazionale Alpini. Nei reparti alpini, invece, il testo utilizzato è quello modificato su proposta in un primo tempo, nel 1972 di Mons. Pietro Parisio, cappellano militare capo del Servizio Assistenza Spirituale del 4° Corpo d’Armata Alpino, con l’approvazione del suo generale comandante Franco Andreis.
Mons. Parisio chiese ed ottenne dall’Arcivescovo Ordinario Militare, Mons. Schierano, di introdurvi alcune modifiche per corrispondere alla nuova sensibilità dei giovani Alpini alle armi, sicuramente diversi, per esperienza e modo di sentire, dai commilitoni che avevano partecipato alle sanguinose guerre mondiali. Nel nuovo testo approvato da Mons. Schierano, veniva sostituita la frase: “… rendi forte le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana”, con la dicitura: “rendici forte a difesa della nostra Patria, e della nostra Bandiera”; nella convinzione che la nuova formula fosse più rispondente agli scopi istituzionali. Mons. Mario Pedrazzini, capo del Servizio di Assistenza Spirituale del 4° Corpo d’Armata, subentrato all’incarico a Mons. Parisio, commentando la nuova formulazione sotto il profilo filosofico, si esprimeva in maniera positiva. Il testo veniva definitivamente approvato il 15 dicembre 1985.
A metà anni 90 il presidente nazionale Leonardo Caprioli chiede e ottiene dal CDN che la preghiera sia recitata, nella forma originale del 1949 quando le cerimonie sono celebrate in presenza di soli iscritti all’ANA e nel testo modificato nel 1985 in presenza di reparti alpini alle armi che non possono evidentemente contravvenire a ordini.
Nel settembre del 2007 l’Arcivescovo Ordinario Militare, Mons. Vincenzo Pelvi, ha reinserito, nel testo della preghiera modificata nel 1985 (quella, per intenderci, recitata dagli alpini in servizio) il riferimento alla “nostra millenaria civiltà cristiana”. Per gli alpini in servizio, dunque, il “Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera” diventa “Rendici forti a difesa della nostra Patria, della nostra Bandiera, della nostra millenaria civiltà cristiana”.
Al di là delle modifiche, resta la sostanza della “nostra” preghiera che rispecchia nei suoi contenuti lo Spirito del Corpo degli Alpini e il suo attaccamento ai valori della nostra terra e delle sue tradizioni, elementi questi che l’Ordinariato Militare dell’epoca ben conosceva quando curò la revisione ed il completamento del testo. Fu infatti, proprio Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone che il 9 ottobre 1949 benedisse la prima pietra dell’erigendo Tempio di Cargnacco, divenendo testimone diretto dell’immenso contributo di sangue dato dagli Alpini nella Campagna di Russia, ma anche della straordinaria dignità delle nostre genti condensata così efficacemente nella parte finale dedicata all’invocazione alla Madonna.
 
Post di Carlo Manzinali